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Morti sul lavoro, atti nuovi e concreti

10/07/2010

di Giuseppe Moretti.

Le morti sul lavoro sono come un fiume carsico. Emergono all’attenzione dell’opinione pubblica quando la concentrazione degli incidenti si fa più insopportabile, per poi svanire nuovamente nella coscienza civile del paese.

Dopo l’emozione larga per i tremendi incidenti di questi giorni possiamo solo dire che ancora una volta la globalizzazione funziona sul piano economico e finanziario, ma siamo molto indietro nell’affermare politiche sociali che incidano sul serio sui grandi problemi europei e non solo del lavoro. I governi pesano poco, le imprese e le stazioni appaltanti non ci sentono, i sindacati non riescono ad essere una forza unitaria che pesa davvero sulle decisioni oltre i propri confini.

In Italia poi occorre una svolta vera. Non solo perchè siamo in presenza di una mattanza assurda che getta ombre anche sul rilancio economico, ma perchè ha costi inaccettabili in termini di vite umane, di tragedie familiari, di oneri economici inevitabili.

Le leggi, lo sappiamo ci sono anche se perfettibili ed è incoraggiante che il Governo uscente abbia provveduto ad emanare il testo unico sulla sicurezza. Ma servono soprattutto comportamenti ed azioni nuove.

Intanto da subito più controlli, più controllori e più etica nei luoghi di lavoro.

La sovrapposizione delle competenze dei vari enti, preposti ai controlli, spesso diventa un boomerang. Non accresce la sicurezza, non scoraggia il lavoro sommerso e nero, danneggia talvolta l’attività delle imprese in regola. Bisogna semplificare i controlli, creare sinergie vere fra gli enti, coordinare l’attività di ispezione con azioni mirate, incisive. Vanno rafforzati ruolo e operatività di quegli strumenti di collaborazione e confronto fra imprese e sindacati come ad esempio gli organismi bilaterali.

Ci vuole una presa di coscienza collettiva attraverso iniziative finalizzate a promuovere la cultura del buon lavoro da un lato, e dall’altro un rigore non enunciato ma praticato. Le condanne sono unanimi ma non si vedono poi quasi mai punizioni esemplari per coloro che determinano colpevolmente le condizioni per incidenti mortali e non Una parola va detta anche sulle famiglie di chi muore sul lavoro. Troppo isolate, mai accompagnate da assistenti sociali come avviene per altre categorie, spesso condannate alla miseria, mentre dovremmo pensare a forme di sostegno più articolate, come potrebbe essere ad esempio un fondo contrattato fra imprese e sindacati gestito dalle casse edili.

Abbattere il numero di morti ed infortunati gravi, lo sappiamo bene, è un fatto di civiltà. Sappiamo che è possibile ma occorrerebbe un coordinamento ed una continuità di interventi che oggi manca. Di sicuro conta, comunque, di evitare che il tutto fra giorni torni nel dimenticatoio.

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